Figli delle Stelle · 5+1 storie di sneakers all’All-Star Game
Anche (o soprattutto) durante l’ASW è una questione di scarpe belle
⊛ [I] - Il pezzo qui sotto è un mezzo inedito, che avrebbe dovuto far parte della newsletter di un retailer internazionale (poi è saltato tutto e non è mai esistita) ⊛
Per decenni l’NBA All-Star Game è stato, insieme alle Finals, il palcoscenico preferito dai brand per presentare nuovi modelli, colorway speciali o edizioni limitate, approfittando così degli sguardi attenti dei fan di tutto il mondo, puntualmente attirati dagli eventi del weekend delle stelle.
Come spesso è accaduto quando si tratta di basket e comunicazione questa particolare tradizione si è consolidata con Michael Jordan, che legò molti attimi memorabili della sua Sneaker Legacy ai vary All-Star Weekend a cui ha partecipato partendo proprio dal primo, quello del 1986 a Indianapolis, in cui fece storcere la bocca ai “senior” presentandosi allo Slam Dunk Contest indossando una Flight-Suit marchiata Nike Air Jordan al posto della divisa, collane d’oro svolazzanti e Air Jordan 1 ai piedi (nella controversa colorway “Black/Red” bandita soltanto in teoria dall’NBA, che fa il suo debutto proprio quella sera), un affronto inaccettabile da parte di un Rookie. Tra i tanti momenti impossibile dimenticare anche il debutto delle Air Jordan 3 “Black/Cement” al Chicago Stadium nel 1988 e il ritorno nel 1996 con le Air Jordan 11 “Columbia” ai piedi.
Fun fact per gli adoratori di MJJ: negli anni successivi, proprio come nel caso delle “Columbia” Nike e Air Jordan inserirono tra le release alcune colorway speciali concepite proprio per essere indossate una volta sola, accompagnate dalle tradizionali divise blu della Eastern Conference. Si tratta delle Air Jordan XII “Obsidian” e delle Air Jordan XIII “Flint”, che non hanno mai calcato i parquet NBA ai piedi di Jordan a causa di un (dubbio) cambio di regolamento da parte dell’NBA che per qualche anno fece indossare ai convocati all’ All-Star Game le divise della loro franchigia d’appartenenza.
Nonostante l’All-Star Game ed i vari eventi collaterali abbiano ormai perso da tempo ogni parvenza di competitività, anno dopo anno questo weekend continua ad attirarmi in maniera magnetica e le scarpe restano uno dei motivi principali per cui questo succede. Quindi, un po’ per passione e un po’ per masochismo, per celebrare al meglio la Partita delle Stelle ho provato a creare un quintetto ideale di Sneaker Moments legati all’NBA All-Star Game. Ovviamente ho finito per barare un po’ e inserire un extra, ma sono comunque molto soddisfatto della selezione finale.
Un peccato non aver trovato spazio per Brent Barry che all’All-Star Saturday di Atlanta nel 2003 chiude il suo primo turno al 3-Point Shootout eliminando David Wesley e festeggiando con il C-Walk più bianco della storia, il tutto senza nemmeno togliere la tuta e indossando un paio di Nike Blazer “Paul Brown” del 2002.
(Ci sarebbero anche le DaDa cromate di Chris Webber nel 2002 o le Maestro rosse di Scottie Pippen nel 1994, con la sorpresa “rovinata” da James Robinson nel Dunk Contest. Scegliere è difficile ma io sono forte.)
2012 – Nike Air Foamposite One “Galaxy”: soldi, auto e fidanzate
A ospitare l’All-Star Weekend sono gli Orlando Magic e, data la vicinanza con la leggendaria base NASA di Cape Canaveral, Nike decise di celebrare l’evento con la release di una collezione a tema “Space Program”, probabilmente uno degli special pack più belli di sempre. Tra i modelli inclusi c’è anche la Nike Air Foamposite One, da sempre associata a una delle leggende che hanno vestito la maglia dei Magic: Anfernee “Penny” Hardaway. Un primo sample della “Galaxy” finì ai piedi dell’executive di Nike Basketball Gentry Humphrey durante un evento organizzato da SoleCollector nel novembre 2011, ma ben poche informazioni erano disponibili riguardo una possibile release. In un’era Social che oggi sembra preistoria post continui nei blog, su Facebook e su Twitter montarono un hype spaventoso che creò enormi problemi nel febbraio seguente, al momento della release. In maniera abbastanza comica cominciarono ad apparire online intere compilation di annunci su Craigslist con offerte da migliaia di dollari, chi proponeva scambi con automobili e chi, addirittura, offriva in baratto una notte d’amore con la fidanzata. Secondo una leggenda Nike cercò di calmare gli animi dando minima esposizione alla “Galaxy” durante il Weekend delle Stelle, almeno finché dalla panchina dell’Est non si alzò il playmaker dei Boston Celtics Rajon Rondo, pronto a entrare in campo con ai piedi proprio le Foamposite “Galaxy”. L’attenzione di compagni e avversari, insieme a qualche battuta dei telecronisti di TNT spostarono l’attenzione di tutti sulle scarpe di Rondo, passato alla storia dell’All-Star Game per quelle piuttosto che per gli splendidi assist distribuiti in campo.
2003 – Did you ever know that you’re my hero?
Quello del 2003 è stato un All-Star Weekend molto particolare: tutti sapevano che sarebbe stato l’ultimo per Michael Jordan e si decise collettivamente di utilizzare i tre giorni trascorsi ad Atlanta per celebrare His Airness e la sua carriera. In molti ricordano l’esibizione di Mariah Carey avvolta nella maglia numero 23 dei Washington Wizards o la decisione (sotto certi aspetti un’imposizione) di Vince Carter, scelto dai tifosi per essere uno degli starter dell’Est, di cedere il suo posto in quintetto a MJ, ma molti altri tributi sono invece passati dai piedi degli altri giocatori coinvolti nell’ASW. Il sabato fu Richard Jefferson dei New Jersey Nets a partecipare allo Slam Dunk Contest indossando un paio di Air Jordan III “White/Cement” in onore di MJ mentre la domenica durante l’evento principale del weekend Yao Ming scese in campo indossando un paio di Nike Shox Supremacy con i colori dei North Carolina Tar Heels e Kobe Bryant, forse il più memorabile di tutti, oltre ad aver difeso su MJ per lunghi periodi scelse per l’All-Star Game un paio di Air Jordan III “True Blue”. Molto probabilmente, però, il vero regalo a MJ da parte di tutti fu una partita equilibrata e giocata intensamente fino all’ultimo istante del secondo tempo supplementare, necessario per determinare un vincitore.
2001 – Reebok Question “Black Toe”: Where’s my Coach?
Quello giocato a Washington nel 2001 è ampiamente riconosciuto come uno degli All-Star Game più belli di sempre e a tutti è rimasta impressa l’immagine di Allen Iverson a fine partita, stremato dopo la rimonta che ha portato l’Est a vincere di un solo punto contro i giganti dell’Ovest, in piedi di fianco a David Stern, pronto a ricevere il trofeo che lo incoronerà MVP della partita. In quel momento sotto i riflettori AI al suo fianco chiama Larry Brown, suo coach non soltanto quella sera ma anche con i Philadelphia 76ers, con cui The Answer ha stretto un rapporto speciale nato in maniera conflittuale ma consolidato dagli ottimi risultati raggiunti insieme. Ai piedi quella sera Iverson ha un paio di Reebok Question “Black Toe”, il suo primo signature model lanciato da Reebok nel 1996. Quando si tratta di AI le cose non vanno mai secondo i piani e, anche questa volta, la situazione non cambia. Secondo i progetti iniziali di Reebok ogni anno per l’ASG Iverson avrebbe dovuto indossare una speciale Question con i colori della squadra ospitante. Il primo anno buono è il 1999, ma l’All-Star Weekend salta a causa del lockout. A ospitare l’All-Star Game nel 2000 è Oakland, casa dei Golden State Warriors: Reebok prepara delle stupende Question gialle e blu e Iverson, a sorpresa, decide di non indossarle e durante la partita calza le sue Answer III. L’anno successivo è proprio il 2001 e anche qui, nonostante molte raccomandazioni da parte del team marketing di Reebok, si sfiora il dramma: AI si presenta per le foto di squadra con le Answer 4 ai piedi, ma decide di passare alle Question prima della palla a due. Il resto, come si dice, è storia.
EXTRA - 2002 – adidas Kobe 2 “USA Flag”: United We Rise
Il 10 febbraio 2002 al Wachovia Center di Philadelphia Kobe Bryant è il nemico pubblico numero 1. Proprio lui, nativo Philly e figlio di un ex Sixer come Joe “Jellybean” Bryant, è in quel momento il giocatore più odiato in assoluto, reo non solo di aver demolito i 76ers nelle Finals 2001 con i suoi Lakers, ma ancor peggio anche di aver snobbato la Summer League di Sonny Hill, leggenda cestistica locale. La sua risposta a tutto ciò? 31 punti, vittoria per l’Ovest e trofeo di MVP sollevato sotto a bordate di fischi davanti a uno sconfitto Allen Iverson, Philadelphiano adottivo che quella sera indossò in via eccezionale il numero 6 di Dr.J Julius Erving al posto del suo classico 3. Mettendo per un attimo da parte il basket a favore delle scarpe, Bryant giocò quella partita indossando le sue adidas Kobe 2, modello molto discusso che fece il suo debutto in una speciale versione a stelle e strisce da lui indossata per la prima volta per ricevere il suo secondo anello di campione NBA durante l’opening night del 2001, giocata a meno di due mesi dall’attacco alle Torri Gemelle. Il giorno prima dell’All-Star Game, a circa 50km da Philadelphia qualcun altro sta indossando un altro paio delle rarissime Kobe 2 a stelle e strisce. Si trattava di un diciassettenne LeBron James che, con i suoi Irishmen di Saint Vincent-Saint Mary sfidava l’Oak Hill Academy di Carmelo Anthony. Le due soon to be star NBA attirarono a Trenton undicimila persone e spinsero addirittura ESPN a trasmettere la partita successiva, una rarità per il basket liceale. Si dice che fu proprio Kobe a voler regalare un paio delle sue scarpe a LeBron, forse impressionato dalle sue doti atletiche o, forse, nella speranza che adidas potesse aggiungere alla sua scuderia il futuro “Chosen One”.
2004 – Open to work, call 1-800-ARTEST
Nel 2004 l’All Star Weekend torna a Los Angeles per la prima volta in vent’anni, ospite di Lakers e Clippers nel nuovo Staples Center. È un All-Star Weekend strano, in cui le festività lasciano grande spazio alle discussioni sui Lakers padroni di casa: le crepe nella squadra del three-peat sono evidenti, il rapporto tra Kobe e Shaq è ormai logoro e quest’ultimo arriverà all’ASG soltanto da riserva (lasciando il posto in quintetto a Yao Ming, spinto dai voti del pubblico cinese. Shaq vincerà comunque il secondo dei suoi tre premi di MVP della partita, l’unico in solitaria), l’ultimo in maglia gialloviola prima dell’addio di fine stagione dopo la sconfitta nelle Finals contro i Detroit Pistons. Se si parla di scarpe Nike è protagonista indiscussa del week-end, con Vince Carter e Kobe Bryant che indossano rispettivamente edizioni speciali di Shox VC3 e Huarache 2K4, mentre Jason Kidd (in un’oscura parentesi di sponsorizzazione AJB, in questo ASG tra le altre cose alzerà un alley-oop no-look a Kenyon Martin che ancora turba il mio sonno) e Carmelo Anthony si occupano del lancio dell’Air Jordan XIX. Insieme a Anthony impegnato nel Rookie Challenge c’è LeBron James, che ai piedi aveva la colorway “Wheat” delle sue Air Zoom Generation, già preparate da Nike anche nei colori della Eastern Conference nel caso in cui il “Chosen 1” fosse finito anche nella partita dei grandi. Unica nota memorabile per adidas è Tracy McGrady con le sue adidas T-Mac 3 mismatchate, un pezzo di storia delle scarpe in NBA. Osservato speciale della domenica è Ron Artest, alla prima e unica convocazione con la Eastern Conference. Nonostante le intemperanze e i problemi comportamentali quell’anno era davvero impossibile non premiare Ron con l’ASG: finirà la stagione con il premio di difensore dell’anno, vincerà 61 partite con i suoi Pacers e si fermerà contro Detroit a pochi passi dalle Finals. Il week-end losangeleno sarà, con ogni probabilità, il suo ultimo momento di pace con l’NBA fino alla trade che lo porterà ai Lakers, dato che pochi mesi dopo sarà suo malgrado protagonista della “Malice at the Palace”. Tornando all’All-Star Game: Artest, sprovvisto di un contratto di sponsorizzazione decide di usare la partita come una vetrina per guadagnarsi l’interesse delle aziende. Entra in campo dalla panchina indossando una DADA sul piede sinistro e una AND1 sul destro, poi nel secondo tempo torna sul parquet con un’adidas sul sinistro e una Nike sul destro. Quattro diversi brand in una partita, il tutto mentre un incredulo Craig Sager si trova a dover spiegare la particolare strategia di marketing ai commentatori di TNT. Ron, Metta, Panda: grazie.
1996 – Dream Team 1.5
Se si parla di divise viste in campo, l’All-Star Game 1996 è stato il migliore di sempre? Probabilmente sì. Se invece si parla di sneakers? Nessun dubbio. La partita in sé, invece, non fu incredibile: l’attenzione di molti era rivolta verso Michael Jordan, alla sua prima selezione dopo il ritorno in maglia Bulls. Proprio MJ si portò a casa il trofeo di MVP della partita registrando la prima tripla-doppia nella storia dell’All-Star Game, prima di tornare a Chicago e proseguire nella stupenda cavalcata verso le 72 vittorie nella stagione NBA più vincente di sempre (pre Steph Curry). Tornando alle sneakers, invece, sul parquet dell’AlamoDome finì una delle line-up più incredibili nella storia NBA. Oltre alle già citate Air Jordan 11 “Columbia” di MJ, durante la partita fecero la loro apparizione (in ordine assolutamente sparso): un paio modificato di Reebok Shaqnosis per Shaquille O’Neal, mentre il suo compagno ai Magic Penny Hardaway indossò per la prima volta una Nike Penny 1 completamente nera, che non si sarebbe rivista fino ai playoff; Scottie Pippen indossò la versione nera delle Air Max Uptempo, mentre la stella dei Detroit Pistons Grant Hill calzò le sue Fila GH2. A Ovest, invece, il padrone di casa David Robinson scelse le Nike Air Max 2Strong, Shawn Kemp indossò le Reebok Kamikaze 2 in una colorway inedita white/navy e l’altro Supersonic, Gary Payton, optò per delle Nike Thrill Flight. A chiudere la lista ci sono Jason Kidd con delle splendide Nike Zoom Flight ’95 PE ai piedi e Charles Barkley, con le sue Air Max CB34. Serve altro?