Da ieri pomeriggio è disponibile il quinto numero di Arcipelago, il magazine che C.P. Company pubblica due volte l’anno, presentato con un bell’evento nel nuovo negozio di Highsnobiety a Berlino.
In copertina c’è il profilo di Roberto Baggio, perché il quinto numero di Arcipelago è interamente dedicato al calcio. “The Sacred Game”, il gioco sacro.
Ne parlo qui perché in mezzo a tutto il resto nel nuovo numero di Arcipelago ci sono anche io, con una chiacchierata che include, tra gli altri, i seguenti elementi: Steve McManaman, Korea/Giappone 2002, l’Atlético Kimberley di Mar de la Plata, Gary Lineker, il Design Museum di Londra.
[se volete saltare tutta l’introduzione metterò un segnalino quando comincio a parlare di cos’ho fatto]
Le cose sono andate più o meno così. Mentre io e gli altri due del .pod eravamo a Parigi a Gennaio ci siamo trovati un po’ di volte in mezzo a gente di C.P. Company, tra la presentazione di Massimo Osti Studio e la cena di lancio delle nuove Asics. Da maestro dei messaggi subliminali quale sono ho espresso il mio apprezzamento per Arcipelago ogni volta che mi è stato possibile, infilando l’argomento in tutte le conversazioni.
Qualche settimana dopo abbiamo avuto ospite a Scarpe. Enrico Grigoletti, che mi ha chiesto se volessi partecipare alla produzione del prossimo numero e mi ha messo in contatto con il responsabile del progetto editoriale. Da lì è iniziato tutto e la situazione si è sviluppata abbastanza in fretta.
Fin dalla prima telefonata mi è stato spiegato che il tema di Arcipelago 5 sarebbe stato il calcio, prima di tutto per capire se il mio modo di scrivere e i miei interessi si potessero adattare a ciò che serviva a C.P. Company.
Come ho già avuto modo di dire ho sempre fatto un po’ fatica a parlare di calcio nonostante sia un argomento che mi interessa molto. Il calcio è una cosa seria, bisogna saperne parlare e non mi sono mai realmente sentito all’altezza del compito, meglio lasciarlo ad altri.
Dopo un po’ di chiacchiere è venuto fuori che adidas li aveva invitati a visitare l’archivio soccer e il reparto di ricerca e sviluppo nello stabilimento di Scheinfeld, da cui uscivano prototipi dei nuovi modelli e tutti gli scarpini Made in Germany che finivano poi ai piedi di tutti i principali calciatori che vestono le Tre Strisce.
Quindi potenzialmente c’erano l’argomento e delle bellissime foto, ma ancora non avevano bene idea di cosa scrivere per accompagnare il tutto. Nella loro testa il complemento perfetto sarebbe stato un approfondimento sullo sviluppo tecnologico degli scarpini negli ultimi quarant’anni, ma mi sono rapidamente reso conto di due criticità: nessuno meglio di chi gioca sa quali siano le cose realmente importanti di cui parlare quindi avrei rischiato di concentrami su cose per me interessanti ma potenzialmente inutili e, aspetto non secondario, se avessi fatto le cose a modo mio con lo spazio a disposizione mi sarei fermato all’inizio degli anni ’90 senza poter proseguire.
[da qui in poi dico cos’ho fatto, nel caso voleste saltare la parte precedente]
L’argomento mi ha ovviamente ingolosito e, data la situazione, ho intuito ci fosse un po’ di spazio per improvvisare e prendermi qualche rischio provando a fare qualche proposta. L’intenzione era quella di staccarmi un po’ dal nerdismo e dalle antologie provando a metterci qualcosa di mio, magari un punto di vista e un approccio diverso da quello che ci si sarebbe potuti aspettare in un pezzo sulla storia degli scarpini da calcio di adidas.
Da tempo stavo cercando l’occasione giusta per disturbare Daniel Sandison, per quasi dieci anni Chief Editor di Mundial Mag, per capire se ci fosse la possibilità di lavorare insieme a qualcosa. Tutto questo per nessun motivo reale se non il fatto che fossi un grande fan; ho letto tante delle sue cose e soprattutto in quelle scritte fuori da Mundial mi è sempre sembrato avesse un approccio al calcio simile a quello che io ho per le sneakers, in cui la cultura e le esperienze personali hanno grande spazio. Quindi, come direbbero i professionisti ho “slidato nei DM” e gli ho spiegato un po’ la situazione: C.P., adidas, Arcipelago, il fatto che fossi fan e più o meno come avevo immaginato il prodotto finale.
All’inizio avevo pensato a un’intervista in cui mettere a confronto tante differenze, dall’età al tifo, all’esperienza nel raccontare il calcio. Il risultato è l’esatta trascrizione di una bella chiacchierata di cui conoscevamo soltanto il punto di partenza e quello finale: si iniziava con Copa Mundial e si doveva arrivare ai trent’anni di Predator.
Dalle nostre risposte penso emergano bene le differenze di cui parlavo sopra, oltre a una tendenza comune al romanticizzare le cose e una passione per i cuori spezzati. Lui ha parlato delle Copa Mundial dipinte di nero di Steve McManaman che vince la Champions League con il Real Madrid dopo aver lasciato Liverpool, io di Del Piero nel 2002 – contemporaneamente uno dei giocatori più forti che abbia mai visto e uno degli uomini che più mi ha fatto soffrire sportivamente – con le sue Predator con la lingua tagliata in un’estate tragica aperta dal 5 maggio e chiusa contro la Corea del Sud. Per infiocchettare il tutto ho voluto giocare un po’ con i contrasti, aggiungendo a una chiacchierata informale delle note a margine da saggio serio e dettagliato. È stato più forte di me, una sorta di firma.
È venuto fuori così “A conversation with Daniel Sandison about football boots, football heroes design evolution and adidas’ legacy”, non un titolo poetico ma una dichiarazione d’intenti per obbligarmi a rispettare le mie stesse aspettative.
Come capita più spesso di quanto vorrei ammettere il cambio in corsa mi ha regalato un risultato migliore di quello a cui auspicavo. L’ennesimo post-it per ricordarmi di essere più flessibile, se non altro per non precludersi qualche bella sorpresa in più.
Faccio un po’ fatica a spiegare cosa significhi per me aver scritto qualcosa per C.P., l’onore di poter vedere il mio lavoro tra le pagine di una pubblicazione erede di quel Magazine anni ’80 stretto e splendido che per decenni ho cercato in ogni mercatino in giro per l’Europa. Poter fare tutto questo parlando di calcio con un autore che stimo come Daniel Sandison, discutendo della storia di adidas mentre ancora provo con ogni metodo più o meno educato a visitare l’Archivio, ha un sapore ancora più buono.
La soddisfazione più grande però arriva quando guardo chi c’è prima e dopo di me scorrendo l’indice, sapere che il mio lavoro lì in mezzo ha senso. Non penso mi abituerò.
Detto ciò, Arcipelago 5 è disponibile. Se volete comprarlo lo trovate nei flagship C.P. Company e online. Se vi capita in mano e lo leggete fatemelo sapere, così posso alimentare la mia vanità.